I legami tra la propria terra, il proprio Ager, la propria lingua, i propri usi, raccolti nelle leggi e costumi dei Padri (Mos Maiorum), ed ogni dimensione sacra, religiosa e rituale, sono sottilmente inscindibili e garanti della perennità sacrale. La separazione tra la vita terrena ed i principi superiori genera forme di decadenza che si manifestano attraverso una pseudo-esistenza, che altro non è che la simulazione della vita, essendo la vera vita altro rispetto ad un tempo trascorso in maniera lineare ed orizzontale, privo della necessaria congiunzione verticale e superiore.
Ogni tentativo di dissolvere, occultare, alterare, questo legame sottile ed invisibile, ma assolutamente reale, porta alla confusione, alla scissione interiore, all’assopimento spirituale, dominio di forme diluite del Caos cosmico, che trovano posto dentro di noi attraverso pseudo-tradizioni, pseudo-religioni, vie psichiche, infinite ipotesi fantasiose, teorie slegate dalla realtà, nuove frontiere del darwinismo spirituale.
La Re-altà, forma visibile dell’Ordine, si afferma sulla terra secondo principi che si manifestano attraverso leggi precise, perenni, non eludibili, pena lo sconfinamento nel mondo della simulazione e della fantasia sviante ed ottundente.
Al vertice delle entità invisibili si pone il Dio Padre al di sopra di tutto, volta celeste del firmamento cosmico. Dalla sua potenza suprema germinano gli Dei ed i Demoni, i Geni, le Ninfe ed ogni altra entità terrestre, sub-lunare o siderea. La Tradizione, principio astratto ma non irreale, si incarna visibilmente e trova una sua definizione organica nelle Tradizioni, secondo il principio della diversità, la manifestazione plurima di Maia, che disegna con mille colori la tavola del mondo. Da questo piano in avanti, la specificità, la diversità animica, biologica, linguistica, ed ogni altra differenza formale che si afferma nella vita dell’uomo, corrispondono ad un essenza inscindibile, ad un asse interiore, la colonna vertebrale dello spirito, che certifica, attraverso l’appartenenza allo specifico di ogni popolo, la nostra particolare appartenenza al Tutto cosmico. La regalità, il potere, la politica, sono riflessi orizzontali del mondo verticale, e quando si afferma sulla terra l’ordine ispirato ai principi superiori, regnano tra gli uomini la giustizia, l’armonia, la concordia e la felicità.
Questa realtà si manifesta, in tutta la sua evidenza, attraverso la teologia insediativa italica, ovvero la forma giuridico-sacrale con la quale si identificava un luogo da abitare o da destinare a culti, rappresentata da una perfetta aderenza tra il principio attivo, il dar nome (da Nume, forza divina che si manifesta per invocazione) e l’Ager, il luogo prescelto dei Touta.
L’atto rituale compiuto, oppure ancora da compiere, lo si comprende nel suo significato profondo, nel momento in cui la “fides” ed il “sacramentum” sono istituti sacralmente, per poi essere concretamente incarnati nel patto (Pax) a cui sono chiamati come testimoni principali gli stessi Dei.
Garante di questo atto ispirato al Fas e tradotto attraverso la disciplina sacrale, che quindi è sempre anche giuridica, è il testimone-Dio, che sigilla le polisemie giuridiche (i molteplici significati), cioè il proponimento, il giuramento, quali parti essenziali del Rito, che si affermano nell’atto sacro dell’editto.
La parola diventa strumento del divino, ed il nominare quindi è effetto della volontà degli Dei superiori, che vibrando manifestano la loro potenza, i Numi.
Detta manifestazione si declina nel mondo visibile attraverso la dimensione numinosa, possibile solo attraverso l’atto magico-sacrale che procede dalla parola, che incarna uno dei cinque Fuochi della corona luminosa che gli antichi custodivano nell’invisibile. La parola, agendo dinamicamente, nominando, permette al Nume, forza manifesta del Deus Incognitus, di plasmare la realtà, attraverso il Rito, la Reg-ola, dalla quale nasce il principio divino-reg-ale della Legge, lo Ius, principio disciplinatore del caotico e dell’informe, attraverso il quale l’ordine si dipana nel Re-ale.
Tale approccio orientativo è ben evidente anche negli “Indigitamenta”, libri pontificali in cui gli Dei vivevano esplicitamente dentro i loro nomi, come ci rammenta anche il Rix (una speciale coniazione di Sondergòtter in cui il nome della divinità è il sigillo del Logos ed il Logos stesso) a cui fa eco la variante del Prosdocimi, il quale nello studio del “Dio Parola “, sostiene che la radice “ang” sarebbe connessa ad Angerona, dea tacita raffigurata in qualità di divinità silente in fase di pre-apertura del dictum.
In ambito Italico l’apertura rituale si auto-orienta per volontà sacerdotale ed influsso superiore, individuando l’equilibrio nella fusione tra i livelli terrestri, inferi e celesti e la realizzazione fattuale, pratica, del Rito (Sacra Facere).
E’ interessante notare, come rivela giustamente il Sisani, che anche in ambiente Sannita il rito è di competenza del Medikkia, ovvero il magistrato supremo, il cui nome deriva dalla radice osca “mestica”, la quale indicherebbe non solo la magistratura suprema, ma il potere implicito della “iurisdictio”. Qui ius Mers Dicit.
Luca Luccioni