Nel periodo in cui si festeggia il Natale di Roma, tradizionalmente celebrato il 21 aprile, vorremmo scrivere qualcosa sulla dea che si festeggiava proprio in quel giorno.

Pale è un’antichissima dea italica del mondo agro-pastorale che non possiede un cor­rispettivo nel pantheon greco. Per far chiarezza sulla sua natura, divenuta oscura in età classica, alcuni la identificavano con Vesta, altri con la Madre degli Dèi. Gli Etruschi conoscevano una divinità chiamata Pales, ma il suo genere era maschile e veniva inserito tra i Penati, cioè gli dèi protettori della loro nazione. (Servio, Commento all’Eneide, II, 325; Commento alle Georgiche, III, 1).

Dea dei pascoli e delle greggi, Pale, assieme a Cerere e Fortuna, apparteneva ad una delle numerose triadi di divinità patrone della ricchezza e della fertilità della terra. Sotto la sua potestà era l’allevamento del bestiame, attività di fondamentale importanza in quei tempi lontani. I suoi più frequenti epiteti erano MontanaSilvestre Pastoria. Con queste parole Pale era invocata dai pastori per aumentare il potere fecondante delle bestie e per proteggerle dalle malattie: «Proteggi il gregge e insieme del gregge i pastori e fuggano i malanni, scacciati dalle mie stalle» (Ovidio, Fasti, IV, 747-8).

Oltre al gregge, Pale proteggeva i pastori e i cani dalle insidie del mondo rustico, come i lupi o i fauni e le ninfe, creature divine del bosco che non amavano essere distur­bate nella loro intima quiete. E donava abbondanza d’acqua, erbe, lana e di tutto ciò che era utile al sostentamento dell’uomo.

Le feste di Pale, chiamate Palilia o Parilia, si celebravano il 21 aprile, al culmine della primavera; erano di origine antichissima ed as­sumevano un carattere purificatorio per l’intera comunità. Durante queste celebrazioni i pastori accendevano grandi fuochi e li attraversavano saltando, come a significare una rigenerazione attraverso il fuoco. Non è un caso se la tradizione vuole che Roma sia stata fondata nel giorno sacro alla Dea generosa e benevola. 

(Andrea Verdecchia).

Pale.

Centro della terra che indica il cielo,
stele del campo che tutto ordina,
anelito di aria tersa e terra dura sotto di sé,
coi mille colori ondeggianti della nostra vita,
nodi che scandiscono il tempo,
e la paglia bruciata e l’offerta alla coppia,
al maschio ed alla femmina,
il nastro come la vita,
condotto dal vento e colorato dai sogni,
ma sempre centrato e unito al passato.
L’illusione del tempo distoglie la mente,
l’asse immobile e la sua storia e le sue vite,
passano tra i venti che spirano tra cielo e terra,
dagli Dei per gli uomini,
mentre nel silenzio fatato,
tutti attendono il canto magico del comando.
Così riprende la danza dell’estasi,
la poesia del sogno e la marcia dei figli di Marte,
torna giovane il Re, di nuovo forti le querce,
e danzano feroci i lupi immortali ed invincibili.
Lacrime di gioia e dolore velano occhi che guardano il cielo
dove il passato del sacrificio ed il futuro luminoso,
si guardano tenendosi per mano.
Tra loro, immobile e vibrante,
solo l’asse della nostra vita fugace
che eterno ignora le ombre,
in attesa dell’astro di luce che sempre ritorna.

(Francesco Di Marte).

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