Dei cosiddetti “culti misterici”, oggi è diffusa un’immagine totalmente fuorviante, frutto dell’opera di autori moderni, che travisando, nascondendo o forzando i fatti, hanno voluto creare l’idea di culti riservati a conventicole di “iniziati”, totalmente staccati dalla religione tradizionale dei luoghi in cui erano diffusi, e portatori di chissà quali percorsi interiori di “spiritualità personale”; anticipatori, se non fautori della diffusione del cristianesimo.

Tale immagine, creata per nascondere la totale rottura rappresentata, per il mondo antico, dall’affermazione del cristianesimo, rottura a tutti i livelli: mentale, ideale, culturale, politico, religioso, tale da ammettere solo forme di continuità estremamente superficiali, non ha alcun riscontro nei fatti così come ci sono tramandati dai contemporanei e dai dati archeologici.

Un’ottima revisione è in questo breve passo di Rmasey McMullen, uno dei massimi studiosi del periodo imperiale romano, nel suo saggio sulla religione durante l’impero romano

… “Mysteries”. questa parola evoca idee errate di segreti sugli Dei rivelati nel buio a un ristretto gruppo di devoti uniti da un giuramento. In ogni periodo ci furono certamente tali gruppi e rituali – cerimonie elaborate riservate per coloro che avevano una speciale devozione (o ricchezza), o più spesso viste dai vicini con disapprovazione e allarme…

Mysterion significava normalmente qualcosa di più aperto e meno emozionante, essenzialmente una lezione su un culto, che doveva essere imparata, spesso da un gran numero di persone allo stesso tempo, come nei Riti Eleusini o nel culto misterico più conosciuto per il periodo [l’età imperiale] oggetto del nostro studio, quello di Cibele. Esso si poteva svolgere in città dell’Asia Minore, dove “… la popolazione si riunisce nei teatri e qualcuno entra coperto di vesti singolari, portando una cetra e cantando a Esso (come afferma nell’inno della Grande Iniziazione, senza sapere quello che dice…” [Hipp. Ref. V, 9, 8 seg]… Dal contesto, così come dalle esplicite parole [dei contemporanei], comprendiamo che chiunque poteva partecipare quasi senza ostacoli, prova ne sono i fatti: primo, bambini e professionisti – ossia estranei – erano impiegati nei cori per cantare inni di rivelazione; secondo, che i teatri per i misteri erano progettati per contenere non poche, ma centinaia o migliaia di persone. Luciano, nelle sue memorie sul suo vecchio insegnante Demonax, ricorda come quel libero pensatore fosse “… l’unica persona in assoluto ad Atene a non essere mai stata iniziata ai Misteri Eleusini…”, non certo una compagnia selezionata per quei devoti! Lo stesso autore nel testo “Sulla Danza” ci dice “… non vi è antico rito iniziatico senza danza…”… i cosiddetti “misteri” erano cerimonie abbastanza aperte a cui poteva partecipare chi desiderava, e un pubblico quanto più largo possibile era attirato da danze interpretative [danze, mimi, o azioni sceniche], canti e musica di ogni sorta… [R. McMullen – Paganism in the Roman Empire, Yale University Press, 1981 pgg 23 – 24]

Nella foto, particolare della Patera di Parabiago, oggi al museo archeologico di Milano e risalente al IV sec.

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