“Un’alba. Sul cielo tersissimo di Roma, sopra il sacro capitolino, la visione di un’Aquila; e poi, portati dal suo volo trionfale, due figure corruscanti di guerrieri: i Dioscuri”. (1).
Questo passaggio è tratto dallo scritto anonimo che ci parla della operatività magica del cosiddetto Gruppo di Ekatlos, dal nome dell’estensore di una missiva indirizzata a Julius Evola negli anni trenta, che narra degli eventi magico esoterici degli anni della prima guerra mondiale, che Evola volle pubblicare sulla rivista “Krur” e poi nella raccolta di scritti chiamata “Introduzione alla Magia”, pubblicata nel dopoguerra.
Il Gruppo di Ekatlos è da più parti considerato il padre illustre del Gruppo di Ur, anche se i collegamenti tra i due sodalizi non sono mai stati chiariti in maniera approfondita.
Quel che si evince, dal racconto pubblicato da Julius Evola, è la volontà del Gruppo di Ekatlos di agire magicamente, attraverso una riemersa ritualità romana, per influenzare gli esiti della grande guerra, affinché la Saturnia Tellus potesse vedersi riunita secondo i sacri confini augustei.
“Sulla fine del 1913 cominciarono a manifestarsi segni, che qualcosa di nuovo richiamava le forze della tradizione italica. Questi segni, ci furono direttamente palesi…”Ed il rito fu celebrato per mesi e mesi, ogni notte, senza sosta. E noi sentimmo, meravigliati, accorrervi forze di guerra e forze di vittoria; e vedemmo balenar nella sua luce le figure vetuste ed auguste degli «Eroi » della razza romana; e un «segno che non può fallire» fu sigillo per il ponte di salda pietra che uomini sconosciuti costruivano per essi nel silenzio profondo della notte, giorno per giorno”.
…La guerra immane, che divampò nel 1914, inaspettata per ogni altro, noi la presentimmo. L’esito, lo conoscevamo. L’una e l’altra furono visti là dove le cose sono, prima di essere reali. E vedemmo l’azione di potenza che una occulta forza volle dal mistero di un sepolcro romano; e possedemmo e possediamo il breve simbolo regale che le aprì ermeticamente le vie del mondo degli uomini”. (1).
Di medesima impronta rituale di ispirazione romana volle dotarsi il Gruppo di Ur, del quale Evola ricorda alcuni aspetti importanti nella sua autobiografia.
“Fra gli appartenenti a questo gruppo operativo due elementi almeno erano dotati di reali poteri. Quanto alle finalità, quella più immediata era il destare una forza superiore da servire d’ausilio al lavoro individuale di ciascuno, forza di cui eventualmente ciascuno potesse far uso. Vi era però anche un fine più ambizioso, cioè l’idea che su quella specie di corpo psichico che si voleva creare potesse innestarsi, per evocazione, una vera influenza dall’alto. In tal caso non sarebbe stata esclusa la possibilità di esercitare, da dietro le quinte. un’azione perfino sulle forze predominanti nell’ambiente generale di allora. Quanto alla direzione di tale azione, i punti principali di riferimento sarebbero stati più o meno quelli di Imperialismo Pagano e degli ideali « romani » di Arturo Reghini”.
Ecco una prima evidenza della controparte operativa delle idee di Julius Evola, che coinvolse attivamente egli medesimo.
Nel dopoguerra, a causa della propria dolorosa infermità fisica, Evola non potè partecipare di nessuna operatività, svolgendo comunque la sua magnifica funzione maieutica ed ideale attorno all’idea di Tradizione, che le persone ad egli più vicine vollero vivere nella formulazione identitaria della Tradizione italico romana.
Ricordiamo che Julius Evola fu l’ispiratore di Ordine Nuovo, all’interno del quale, nel 1969, nacque il Gruppo dei Dioscuri.
“E da ambienti giovanili ruotanti attorno al filosofo romano riemergerà, alle soglie degli anni settanta, un interesse “operativo” per la Romanità pagana e per la stessa esperienza del Gruppo di Ur. A Roma, Napoli e Messina nasce e si sviluppa il “Gruppo dei Dioscuri”, di cui si perdono presto le tracce visibili, e del quale Evola stesso era a conoscenza. Alcune indiscrezioni lo danno ancora oggi attivo in diverse regioni italiane, Lombardia, Umbria, Lazio, Sicilia, Puglia e soprattutto in Campania, dove il reggente dei Dioscuri tenne la sua ultima e inconsueta apparizione pubblica, conducendo una conferenza intitolata “Oltre ogni distruzione – la Tradizione vive”. Il Gruppo, prima di far perdere volontariamente le proprie tracce visibili, pubblica una serie di quattro fascicoli dal titolo: “L’Impeto della vera cultura”, “Le due Razze”, “Phersu maschera del Nume” e “Rivoluzione Tradizionale e Sovversione”. (3).
Si sa per certo che ad Evola furono fatti leggere i Fascicoli dei Dioscuri ben prima della loro diffusione, si ricordano persino alcuni consigli proposti in fase di “correzione delle bozze”, e si conoscono benissimo i retroscena relativi al coinvolgimento emotivo oltre che ideale di Julius Evola, per la sorte di un sodalizio che nasceva in gran parte sulla base delle sue idee e dei suoi consigli. Sodalizo che vedeva tra i suoi fondatori alcune tra le persone più vicine ad Evola anche in termini di affetto personale. Basti ricordare, tra i tanti episodi frutto della frequentazione della casa del filosofo in Corso Vittorio Emanuele, che i quattro fondatori dei Dioscuri si trovavano soli in casa con Evola, quando questi ebbe un malore, con successivo coma temporaneo, ed a causa del ritardo dell’ambulanza lo portarono in auto all’ospedale. Così, con tutta probabilità, gli salvarono la vita. La circostanza è una fra mille occasioni, fatte di lunghe conversazioni, riunioni, approfondimenti, cene (celebre rimase quella a base di zuppa di tartaruga), ed anche di una scampagnata ai Castelli romani, con Evola felice di passare una giornata all’aria aperta insieme ai giovani che lo ammiravano e lo consideravano la loro guida “ideale”.
“Il Gruppo dei Dioscuri è generalmente conosciuto all’esterno attraverso i quattro fascicoli con i quali venne lanciato quello che riteneva essere il suo particolare “messaggio”. Meno nota è la sua intenzione di ricollegarsi direttamente a quello che era stato, quarant’anni prima (ma quanti sconvolgimenti erano avvenuti in un così breve lasso di tempo!) il celeberrimo Gruppo di Ur, quasi a sancire un’operante ripresa di continuità tra i due “Gruppi”: una pretesa che sicuramente non poteva rientrare nello schema guènoniano relativo alla regolarità della trasmissione iniziatica. Malgrado ciò, ll Gruppo dei Dioscuri si ritenne sufficientemente legittimato ad agire per due ordini di considerazioni, consistenti:
1) nella natura stessa del Gruppo di Ur, assunto come modello di riferimento, che mai, nella sua struttura intelligentemente informale, aveva sostenuto di trarre la propria legittimità da una qualsiasi “regolare” filiazione.
2) nella possibilità, rivelata dal misterioso messaggio di un non meno misterioso Ekatlos, trasmesso al direttore della rivista KRUR (Julius Evola), di ricorrere ad un intervento salvifico dei Numi tutelari di Roma e dell’Italia quando circostanze impellenti e di salute pubblica lo richiedessero”.
Il Gruppo dei Dioscuri nasce fisicamente in casa di Evola; di stretta osservanza evoliana sono i suoi fondatori, ed Evola partecipa ed assiste al lavoro di preparazione che precede la costituzione dei Dioscuri, essendo i fondatori dei Dioscuri assidui frequentatori di casa sua fin dagli anni ’50. Evola discute dei contenuti dei Fascicoli, vede delinearsi la trasformazione da sodalizio culturale di ispirazione tradizionale a gruppo magico operativo, e dal 1969 al 1974 assiste ai vari (auto) allontanamenti, in primis di Placido Procesi e di Piero Fenili, come lo stesso Fenili riferisce, quando Franco Mazzi decise che dal tradizionalismo intellettuale bisognava affrancarsi riprendendo una operatività rituale ispirata alla centralità spirituale di Roma:
“La persona che volle sbloccare operativamente la situazione mettendosi in gioco in prima persona, fu appunto I’insolito personaggio al cui profilo esoterico ed umano dedico questo mio succinto ricordo: Francesco (detto Franco) Mazzi”. (4)
“Di occhio ceruleo e di capello biondo, Franco Mazzi attirò la benevolenza di Evola quando, andato a trovarlo in divisa, mentre stava prestando il servizio di leva, gli si presentò sfoggiando un perfetto saluto militare. Evola lo aveva in simpatia perchè apprezzava lo spessore interiore del personaggio, ma approfittava della sua natura giocosa per scherzare a sua volta.
Di questo genere di rapporto rimase emblematica una telefonata che Mazzi fece ad Evola, il quale dall’altro capo della linea gli chiese senza mezzi termini: “Ah, lei è Mazzi! Non si è ancora sparato?”. E Mazzi di rimando, in perfetto spirito toscanaccio: “Ancora no, sto aspettando l’esempio del Maestro”. Immagino che Evola abbia riso di cuore a quella risposta.
Credo che Evola sia stato fino alla fine il principale modello di riferimento di Mazzi, perchè notai che, in caso di dubbio, si allineava alle posizioni del Filosofo, sempre però in modo originale, libero e creativo, senza alcunchè di quel supino e tetro conformismo che rende poco simpatica una parte degli evoliani, chiaramente “lunarizzati” dalla potente magia evoliana della parola e quindi insofferenti di ogni approfondimento critico del pensiero del maestro”. (4).
Prima ancora della scomparsa di Evola, siamo nel 1973, i Dioscuri dichiararono su “Phersu – la maschera del Nume” il loro intento preciso e radicale, ormai decisi a percorrere la strada che li avrebbe portati a saldare la frattura col passato, ed a consegnare la spiritualità romana e la ritualità avita alla perennità.
“Chiunque ha in sé, latente o in atto, la possibilità di portare un contributo concreto, non importa di quale entità, alla costruzione di un ponte tra due epoche, quella attuale, che esiste nel segno della decadenza e l’altra, posta nel futuro, di una possibile rinascita, ha il dovere assoluto, categorico e impersonale di attivarsi. Non c’è giustificazione o comprensione ma inesorabile condanna per coloro i quali, avendone la possibilità, non combattono e per inerzia si lasciano andare masochisticamente ad un pigro fatalismo. Coscienti di ciò, un piccolo gruppo di persone accettò il compito arduo, superiore forse alla singole possibilità, ma improcrastinabile, di riaccendere visibilmente il Fuoco di Vesta e di custodirlo in Roma. Da oltre trenta secoli il Centro del mondo è in Roma, una Roma intesa non come capitale di un impero, sede di un particolare potere religioso, o come informe megalopoli moderna, bensì quale preciso punto focale di quella geografia sacra che gli antichi conobbero e che non ha nulla da spartire con quella moderna con la quale ha in comune solo il nome. Luogo di forza massimo, punto d’incontro tra Cielo e Terra, Porta attraverso cui passano e hanno modo quindi di manifestarsi influenze spirituali, in Roma si incentra ogni inizio ed ogni fine”. (5).
Di quei giorni eroici resta il sacrificio di Franco Mazzi, che dedicò tutta la sua vita e tutto se stesso ai Dioscuri, fino all’ultimo istante, garantendo ad essi la continuità della sua opera anche dopo la sua scomparsa.
Una luce era stata riaccesa e nessuno avrebbe mai potuto più spegnerla.
L’opera, l’intento, e la memoria di Julius Evola e Franco Mazzi, rifulgono nei Fuochi degli Avi e degli Antenati, che ardono imperituri nei nostri luoghi sacri.
Roma e la Pax Deorum rivivono nel cuore e nello spirito di tanti giovani (e meno giovani) e tante confraternite di italici e romani, che hanno raccolto l’eredità dello spirito, del sangue e del suolo, onorando i culti dei Padri.
Roma Renovata Resurgat.
1. Ekatlos, in “La grande orma dietro le quinte” su Introduzione alla Magia, a cura di Julius Evola, Edizioni mediterranee, 1969.
2. Julius Evola, il Cammino del Cinabro, Scheiwiller editore, 1972.
3. La via romana agli Dei, Wikipedia.
4. All’origine del “caso Dioscuri”: Ricordo di uno Sciamano della Maremma toscana: breve profilo di Francesco Mazzi di Piero Fenili in Politica Romana n.8.
5. I Fascicoli dei Dioscuri, Phersu la Maschera del Nume.